I funerali di Berlinguer
Ero alla Casa dello Studente, in Ancona, insieme ad altri compagni di studio e di passione politica, quando ci giunse, 30 anni fa, il 7 giugno 1984, improvvisa, inaspettata e dolorosa la tragica notizia che Berlinguer era gravissimo. Aveva 62 anni e la speranza di tutti era che potesse sopravvivere.
Invece l’11 giugno la notizia attesa, ma non per questo meno dolorosa, della sua morte.
Il 13 giugno i funerali, con una folla enorme, immensa, per salutare quello che sarebbe stato l’ultimo segretario del più grande Partito Comunista dell’occidente ad avere un funerale con la sua gente ed organizzato dal suo Partito.
Seguimmo, nella sala comune della Casa dello Studente di Via Saffi, il funerale trasmesso dalla RAI, su un vecchio televisore in bianco e nero. Tutti i rappresentanti della Cassa dello Studente appartenevano alla nostra lista universitaria (si chiamava U.D.A. – Unione Democratica Antifascista) ma non avevamo mai voluto chiedere una TV a colori all’Ente per il Diritto allo Studio, che gestiva le Case dello Studente perché, in linea con un atteggiamento sobrio, austero e forse un po’ grigio, chiedere cose “frivole” ci sembrava sminuire le nostre rivendicazioni più serie sul diritto allo studio, sulla consegna puntuale degli alloggi prima dell’inizio dell’anno accademico e così via.
Ricordo la forte impressione che ci fece Pertini, con quel suo sostare in raccoglimento davanti alla bara, con quella volontà di testimoniare ed accompagnare il suo compagno di lotte, anche se di un altro partito, nell’ultimo viaggio.
Ricordo la massa enorme, addolorata, ai suoi funerali, con l’Unità col titolo “Addio”, con i pugni chiusi, con le bandiere, tante bandiere rosse, con i simboli del lavoro, i simboli del P.C.I.
Qualche giorno dopo ci furono le elezioni Europee, e, per la prima ed unica volta, il P.C.I. fu il primo partito, prendendo più voti della D.C. Sapevamo che era l’effetto dell’enorme ondata di commozione e riconoscimento della grandezza e dell’onestà di Berlinguer, ma ne fummo comunque felici. Alla casa dello Studente di via Saffi, un paio di studenti si arrampicarono fino sopra al tetto per attaccare una bandiera rossa all’antenna della TV.
Non potevamo immaginare, allora, che quel sentire comune, quell’agire comune, quel discutere con disciplina e sempre pronti, comunque, ad accettare e aderire alla “linea del partito” potesse, da lì a poco, dissolversi e non perché non c’era più Berlinguer ma perché, come forse lui aveva intuito già nel ’79 durante l’intervento Sovietico in Afghanistan, la “spinta propulsiva della Rivoluzione d’Ottobre si era esaurita” e, poco alla volta, se è esaurita anche la convinzione e la voglia che agire insieme, e non uno per uno, potesse migliorare la vita di tutti.
Nel ’74 Pasolini descriveva il P.C.I.:
In questi ultimi anni tra il Partito comunista italiano, inteso in senso autenticamente unitario – in un compatto “insieme” di dirigenti, base e votanti – e il resto dell’Italia, si è aperto un baratro: per cui il Partito comunista italiano è divenuto appunto un “Paese separato”, un’isola.